Variare il pescaggio della barca può essere un’opportunità, ma non se penalizza le prestazioni o complica l’affidabilità; l’argomento come sempre divide. Parliamone.
Meglio una barca a pinna fissa o una con deriva mobile? E in quest’ultimo caso è più funzionale una deriva mobile integrale, una swing keel o un deriveur lesté?
Il dubbio su quale sia la migliore “appendice” per uno scafo è frequente tra i velisti, soprattutto tra chi intende acquistare una barca per navigazioni a lungo raggio e frequenti esplorazioni lungo costa. Una scelta, quella del potere adottare all’occorrenza la soluzione del basso pescaggio, che attira, ma sulla cui validità si dibatte da anni e che, Francia a parte, dove la tradizione dei deriveur è influenzata anche dalle forti escursioni locali di marea, conta tanti sostenitori almeno quanti detrattori.
Come sempre in questi casi trarre conclusioni “universali” è difficile. Si possono invece spiegare pro e contro, analizzare rischi e opportunità, difetti e pregi in modo da aggiungere elementi di conoscenza per scegliere poi in base al tipo di navigazione, di equipaggio, di budget, e anche delle proprie convinzioni. Nelle pagine che seguono il parere di un esperto allestitore di barche d’altura.
Prima di valutare l’efficacia, o l’utilità, di un’appendice sollevabile occorre fare il punto sui vari sistemi che si trovano, in genere, istallati sulle imbarcazioni. Di derive mobili, infatti, ce ne sono diversi tipi.
Deriva mobile integrale (deriveur integral-swing keel). Le imbarcazioni con deriva mobile integrale hanno in genere il fondo piatto adatto allo spiaggiamento; la deriva tende a rientrare totalmente nello scafo. Esiste quindi uno scatolato all’interno della barca che racchiude la deriva, quando ritirata. Queste unità sono per lo più in metallo, precisamente in alluminio o se in acciaio, la cassa è in acciaio inox. Questa soluzione è molto diffusa e apprezzata in Francia, il cantiere Ovni, per esempio, ne ha prodotte circa 3.000 unità in 30 anni e vi sono molte unità custom disegnate da progettisti come Gilbert Caroff o Joubert e Nivelt; famosi sono i modelli Nouanni e Passoa, prodotti da Garcia. In questi casi la pinna della deriva può essere:
– una lamiera semplice (una lama);
– una lamiera scatolata, vuota;
– una lamiera scatolata, vuota, ma con una parte di piombo nell’estremità inferiore (200-300 kg) per facilitarne la discesa (come negli Ovni);
– fresata da un pezzo pieno o scatolata con uno spessore variabile (in genere dai 6 ai 10 mm nella parte bassa, per un peso di 150-200 kg);
– profilata Naca (con sezioni alari predefinite)
La deriva mobile ha uno spessore di circa la metà rispetto a una barca a chiglia fissa, pari per esempio a 80-90 millimetri su un 43 piedi o 120 millimetri su un 50 piedi.
La zavorra di piombo è posta in sentina (zavorra interna) tra i madieri, al lato della cassa, in compartimenti stagni e sia il compartimento che il panetto di piombo sono (o dovrebbero essere) isolati con resina epossidica. I compartimenti possono essere avvitati o saldati, ma anche lasciati a aperti (a vista) nelle costruzioni più economiche e coperti di resina colata dall’alto.
Gli stessi serbatoi dell’acqua sono spesso realizzati sopra questi comparti, integrandoli all’interno, oppure sono a lato, soluzione preferibile.
Per ottimizzare il centraggio tra piano velico e deriva ci sono diverse possibilità:
– avere due timoni di modeste dimensioni (come nei Garcia moderni o gli Allures);
– disporre di un solo timone e due appendici laterali poppiere in composito (come i Boreal);
– avere un solo timone e un canard di poppa (Garcia vecchia serie): Lo scopo dell’appendice è di ridurre la pressione sul timone e migliorare la portanza, diminuendo lo stress sulla pala e rendendo la barca molto più stabile di rotta (accentuando meno l’effetto a “S” o nervoso che hanno, soprattutto se a spigolo e con vento al lasco). La pala è anche piccola e quindi bisogna cercare di recuperare portanza e superficie in qualche modo.
Poiché questa soluzione ruba spazio all’interno della poppa (in genere nel gavone), molti cantieri tra cui Garcia e Allures negli anni 2000 hanno optato per i due timoni. Le pale in questo caso sono realizzate spesso in composito.
Bisogna tenere presente, in questo caso, che la manovrabilità a motore con 2 timoni è ridotta, in quanto il flusso dell’elica non è deviato dalla pala del timone. Serve quindi velocità per manovrare, ed è fortemente consigliabile disporre di un’elica di prua.
Solo il cantiere Ovni ha scelto per molto tempo di montare un solo timone, senza appendici aggiuntive, e di fatto in questi modelli la deriva è molto più avanzata di altri deriveur rispetto al centro velico. Tuttavia questa soluzione non ha comportato alcun problema.
Nel caso dei due timoni, spesso questi non sono adatti a sostenere il peso dello scafo. Se ciò accade alcuni meccanismi possono danneggiarsi o la pala, se in composito, aprirsi. Se i due timoni sono invece provvisti di skeg, è possibile usarli come appoggio, tuttavia i due skeg generano poi una forte resistenza a barca sbandata.
Il peso dello scafo è sostenuto quindi sulla pancia (sul fondo della barca) oppure da una falsa chiglia. La tendenza di alcuni cantieri (Futuna, Boreal) è di realizzare una falsa pinna per incorporare la pinna mobile e avere i pesi più in basso. I due timoni sono anche preferiti su poppe larghe, in quanto più efficienti idrodinamicamente.
Alcuni cantieri, inoltre, hanno optato per uno o due canard prodieri, una soluzione adattabile su barche sopra i 50 piedi per ragioni di ingombri. Il canard è sempre in composito.
L’allestimento interno su questa barche è parzialmente condizionato dall’ingombro della cassa di deriva, risulta quindi molto classico, con la cucina a murata e il tavolo sopra alla cassa stessa.
La cassa della deriva è in genere sigillata, con ispezioni per i perni di rotazione o per sbloccarla nel caso che la deriva si incastri a causa della sporcizia o di meccanismi inceppati. Quasi tutti i deriveur hanno un salone rialzato o a vista panoramica, perché appunto la zavorra interna occupa spazio in sentina.
I pesi devono essere più concentrati al centro, rispetto a uno scafo con pinna fissa, in quanto lo scafo più è leggero nelle estremità meglio si governa. La stabilità è prettamente di forma e la larghezza di un deriveur è di circa un 7-10 per cento in più di una barca a pinna fissa, cioè il 32-34 per cento della lunghezza dello scafo, ma si può arrivare anche al 40 per cento, penalizzando poi però l’andatura di bolina.
La larghezza al galleggiamento è invece circa un metro in meno, e dà quindi origine a scafi molto svasati e mai a murata verticale, con ginocchio stretto. Da notare che diversi scafi a pinna fissa tendono attualmente a essere molto larghi, sia per guadagnare maggiore spazio interno, sia per ottenere buone medie alle andature portanti, arrivando a realizzare barche come i Class 40. È allora necessario inserire uno spigolo a poppa, soprattutto se si tratta di barche planati.
La zavorra interna è pari al 40 per cento del dislocamento, ma può scendere anche al 30 per cento. Tendenze moderne l’attestano tra il 36 per cento con barca scarica e 28 per cento a pieno carico.
Deriveur lestè. Si parla di deriveur lesté quando la deriva è in parte fissa e in parte mobile, ma non ingombra l’interno dello scafo. È una soluzione di compromesso e la deriva mobile viene utilizzata in genere per le andature di bolina.
La parte mobile può essere rotante o del tipo sali-scendi. La stabilità è in quest’ultimo caso sia di forma che di peso. Un cantiere che ha usato molto questa scelta e offriva sulla stessa barca varie configurazioni di pinna, fissa o deriveur lestè, è stato Kiriè coi modelli Feeling.
Rispetto a un deriveur, con quest’ultimo metodo si ottimizza la stabilità dello scafo e si ottiene una riduzione di immersione, in genere di 50 centimetri; nel caso del modello rotativo inoltre non ingombra l’interno.
Pinna mobile. Oltre alle pinne mobili up-down, con la cassa che unisce il fondo dello scafo alla coperta, esistono anche quelle che si muovono in sali-scendi come una lama inclinata prua-poppa. La lama ingombra la coperta e si può scegliere il pescaggio ottimale. Scende per il suo peso e viene sollevata in genere tramite un winch all’albero. Vi sono poi dei perni laterali per bloccarla a varie altezze.
Il fondo della barca è in genere piatto. L’ispezione alla cassa può essere eseguita tramite osteriggi o aperture dedicate, se previste. Quando la lama si incastra è molto difficile sbloccarla. In caso di urto, lo sforzo viene ripartito tra la cassa e la coperta.
Si tratta di un sistema andato “di moda” principalmente negli Anni 80, oggi è in disuso.
Swing keel. Quello della swing keel è il concetto utilizzato dai deriveur, con la differenza che la pinna è zavorrata, quindi pesante e grande come quella di una barca a pinna fissa, ma c’è anche una quantità di zavorra interna nello scafo, che serve quando la pinna è sollevata.
I capostipite di questo sistema sono Damien IV e Pelagic del navigatore Skip Novak, poi ripreso sulla barca Pelagic Australis e altre. Tutte queste barche hanno un timone, in genere parzialmente sollevabile.
A livello commerciale, invece, il cantiere che più ha usato questo sistema è l’inglese Southerly (ma anche il tedesco Sirius Werf), combinato con due timoni. La pinna è alloggiata in una cassa che unisce il fondo dello scafo con la coperta ed è sollevata in genere da un pistone idraulico, un winch elettrico o un motorino con cavo in spectra. Viene alzata solo in caso di necessità (nei passaggi con acqua bassa o per spiaggiamento), il timone è altresì sollevabile e la linea d’asse scatolata. Sia la pinna che il timone hanno un blocco di sicurezza quando sono sollevati.
In genere si tratta di barche con un dislocamento medio-alto, dovuto alla zavorra interna, che è quasi pari al peso della pinna. Quest’ultimo è di circa il 18 per cento e la zavorra interna è pari al 2 per cento; in totale la zavorra (interna sommata a quella esterna) è il 39-40 per cento del dislocamento, come una buona barca da crociera tradizionale.
Dato l’ingombro interno, la swing keel è una soluzione usata su barche dai 50 piedi in su e il quadrato è spesso a poppa. Anche in questo caso sono barche deck saloon, deck house o pilot house.
Difetti principali. I principali inconvenienti di una barca con deriva mobile possono essere i seguenti:
1. Possibilità di stringere il vento limitata, in genere sui 60 gradi al vento reale e forte scarroccio, di circa 10 gradi.
2. Piano velico limitato, per ridurre sbandamento e rollio e conseguente velocità media giornaliera modesta, in media 150 miglia al giorno in venti medi e 175 miglia con 25 nodi di vento in andature portanti (Boreal 47). Al passaggio di onde o in discesa da queste può esserci la tendenza a surfare, in particolare per le barche con ampio fondo piatto, pertanto è necessario un buon pilota elettrico o a vento;
3. Rumore dell’acqua che rientra nella cassa;
4. Manovrabilità a motore e a bassa velocità limitata a deriva e timone sollevati, è consigliabile un’elica di prua; di fatto la barca procede bene solo dritta, ma sente molto l’effetto evolutivo di elica, corrente o mare, soprattutto se non nel senso della rotta. Se munita di due timoni, la manovrabilità è ancora meno efficace, soprattutto se paragonata a una barca con singolo timone.
5. Rollio accentuato, in particolare su scafi a spigolo (dipende anche da come lo spigolo interseca l’acqua).
6. Possibilità di knock-down (coricamento a 90 gradi) in zone caratterizzate da forti onde.
7. Possibilità di rotazione prua-poppa, in particolare per scafi a spigolo, con venti Forza 8 o superiori, in caso di andatura di poppa piena, in particolare con barche piccole.
8. Angolo limite di stabilità di circa 105-115 gradi, quindi difficoltà di raddrizzamento a barca capovolta;
9. Poco spazio di stivaggio in sentina (occupata dal piombo e serbatoi centrali);
10. Manutenzione alla pinna: in genere ogni 3.500-6.000 miglia può essere necessario eseguire interventi alla pinna, possibili solo con la barca fuori dall’acqua. Il sintomo è un rumore metallico proveniente dalla cassa, per usura della boccola in Derlin.
11. Ingresso di sabbia nel motore quando si è ormeggiati in acqua bassa o si spiaggia (sabbia e fango possono penetrare nella presa a mare).
12. Nelle derive mobili con sistemi idraulici bisognerebbe avere cura di alzare pinna e timone a barca ferma, per evitare che sullo stelo del pistone si depositino calcare, denti di cane o sporco, che nell’alzare la deriva possono rompere il paraolio.
13. In caso di acqua in sentina (indipendentemente se di mare o dolce) se questa entra in contatto tra alluminio e piombo c’è rischio di corrosione galvanica.
14. La lamiera del fondo tende a danneggiarsi maggiormente, perché non vi è possibilità di farvi manutenzione (quando si fa carena da sé) a meno di inclinare la barca sullo spigolo vicino.
Pregi principali. I vantaggi di una barca con deriva mobile, invece, si possono riassumere così.
1. Possibilità di accesso in zone ristrette e con bassi fondali, in genere con 1,5-2 metri di fondo.
2. Impossibilità di perdere la pinna; anche qualora si rompesse il perno o la boccola, la barca può navigare senza appendice, che resta attaccata per le cime o il pistone.
3. Possibilità di mettersi alla cappa con appendici sollevate, riducendo la resistenza alle onde e “galleggiando come una bottiglia” sulle onde.
4. Quando alata, la barca non ha bisogno di invaso e offre meno resistenza al vento.
5. La barca può spiaggiare (preferibilmente su sabbia o ghiaia), operazione che riesce meglio su spiagge ripide. Lo spiaggiamento è possibile in genere con il ritiro della marea, non se vi è onda (salvo in caso di emergenza) e tantomeno se la barca prende vento di lato, dove si potrebbe coricare (in questo caso sarebbe preferibile avere uno scafo a spigolo). Di fatto è consigliabile predisporre delle cime dall’albero o utilizzare dei pali laterali di sostegno (2 per lato su un 45 piedi) o le appendici laterali se possono lavorare in questo senso.
6. In caso di urto la pinna si ripiega all’interno.
7. Facilità di essere sollevati ovunque.
Ricapitolando, i possessori di una barca a deriva mobile sono in genere contenti, soprattutto se hanno potuto esplorare le zone sognate, come fiumi amazzonici o le Bahmas. La maggior parte naviga preferibilmente alle andature portanti ed è cosciente che la bolina è più dura e lunga rispetto a una barca con pinna fissa. Chi ha barche swing keel, poi, ha i pregi della barca a deriva fissa e a deriva mobile, pagando però pegno sugli interni; questa inoltre sembra essere la nuova tendenza per barche grandi e…costose.
La deriva mobile, soprattutto se zavorrata e comandabile con un winch, probabilmente rappresenta la soluzione migliore per navigare in lungo e in largo, usandola solo quando e dove serve.
Regolazioni Abbassare di bolina, alzare in poppa
La deriva mobile dovrebbe essere regolata in base alle andature. Navigando al lasco o in poppa, può essere sollevata del 50 per cento, in alcuni casi anche del 75 cento (ovvero per i suoi 3/4) in modo da ridurre la superficie bagnata e conservare sufficiente stabilità di rotta. In caso di bolina va invece abbassata tutta. Nella navigazione a motore senza corrente o moto ondoso può essere ridotta del 50 per cento.
In caso di urto, se la pinna è manovrata da cavi di spessore corretto e con adeguati carichi di rottura, la barca è in grado di “salire” sull’oggetto senza danneggiarla, se ci sono pistoni idraulici o ritenute particolari possono invece verificarsi avarie. Per quanto riguarda la stabilità, una barca swing keel a deriva abbassata possiede l’analoga stabilità di una con pinna fissa. Il deriveur invece ha una stabilità iniziale maggiore, tra i 10 e 20 gradi, per poi decrescere dopo i 90 gradi abbastanza velocemente. Sbanda quindi inizalmente subito, se a spigolo, e poi si assesta.
Articolo pubblicato e redatto. da Davide Zerbinati e pubblicato sul sito Bolina