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Come rendere un catamarano comodo ancora più comodo

Da un lato c’era un armatore stanco dei monoscafi e desideroso di passare a un catamarano comodo, partire per i Caraibi (o meglio, tornarci), vivere a bordo comodo come in un appartamento.  Dall’altro, Davide Zerbinati, il “guru” della preparazione e dell’ottimizzazione delle barche per le lunghe navigazioni. Quando Denis Pietropoli ha acquistato un Lagoon 42S nuovo di zecca, ha chiesto a Zerbinati di “sistemarlo” e prepararlo per la traversata atlantica (dalla Sardegna a Le Marin, in Martinica, passando per le Canarie) e di renderlo ancora più comodo, marino e sicuro. 

Davide ha scritto per noi questo bell’articolo che, come sempre, è infarcito di consigli tecnici e da cui trarre spunto. Utilissimi per il vostro “catamarano comodo”. 


Come rendere un catamarano comodo… ancora più comodo

Dopo due lunghe quarantene ai Caraibi, Denis Pietropoli rientra in Europa e ordina un Lagoon 42S (12,80 x 7,70 m) da NSS Yachting. La scelta del catamarano è dettata da ragioni di comodità e dal fatto che predilige la vita a bordo rispetto alla navigazione.

Tutto quel tempo sprecato passato in baia senza grande possibilità di movimento a bordo di un Bavaria 44 spingono il nostro cliente e ormai amico a optare per una barca più adatta al suo stile di vivere il mare. La scelta è dettata principalmente, appunto, dall’adozione di una filosofia “tranquilla”: più rada e relax che navigazione impegnativa.

Il catamarano ordinato su WhatsApp

La barca viene ordinata tramite WhatsApp e dopo circa 5 mesi, tra un lockdown e l’altro, arriva nella base di NSS. Non c’è stato nemmeno il tempo di fare antivegetativa in Francia. Per evitare chiusure, blocchi e restrizioni gli skipper sono partiti veloci. Ad Aprile 2021 la barca è in Sardegna con un viaggio non stop da La Rochelle.

Le scelte dell’allestimento della barca sono state semplici: versione proprietaire (armatoriale) con rimozione del divanetto e creazione di una grande cassettiera, l’opzione Code Zero che prevede il bompresso, i punti di scotta a poppa ed i winch supplementari, randa square top e un winch drizza randa elettrico hanno completato il piano velico di You & Me (questo il nome del Lagoon 42S di Pietropoli).

Per Denis ora inizia la scelta ed il cambio vita, la decisione di andare a vivere in barca, di vivere ai Caraibi e navigare dove non si è potuto navigare nel 2020. La barca entra quindi in cantiere e vengono apportate quelle migliorie necessarie per il viaggio e per la vita a bordo.

I lavori di preparazione del catamarano comodo

La prima domanda che mi fece l’armatore fu questa: tu conosci i Lagoon, le vedi nel mercato dopo qualche anno, quali sono i punti deboli principali? Risolviamoli. In realtà servono solo dei rinforzi maggiori alle bitte e ai golfari dei tiranti di prua, chiusura integrale del pozzetto e della consolle, il resto sono migliorie e messe a punto in base a come vuoi navigare.

  • Il primo lavoro svolto è stato quello di rimuovere le prese a mare originali e sostituirle con quelle in resina caricata della Randex che sono montate di serie negli scarichi WC dal cantiere, ma non sugli altri impianti.
  • Poi è stato scelto di applicare l’antivegetativa Coppercoat al rame ed epossidica, dopo un ciclo preventivo epossidico. Questa scelta è dovuta al fatto che trovare posti dove alare i catamarani non è sempre così immediato e poi se si naviga in zone calde, con l’acqua a 30° farsi un bagno e dare una spazzolata è anche un piacere.
  • L’autonomia di bordo è un punto cruciale per i catamarani, spesso hanno poca acqua ed i serbatoi possono essere realizzati nelle pinne o nelle casse in genere a base d’albero. Senza generatore il Lagoon 42 ha due serbatoi da 300 litri, quindi un’ottima autonomia, ma l’acqua non basta mai e siccome i catamarani vanno molto più a motore di un monoscafo la soluzione più furba è quella di abbinare un dissalatore a trascinamento su un motore. La scelta è ricaduta sulla ZP che ha fornito un modello da 200l/h. Questo sopperisce ad ogni consumo, lavatrice da 4Kg inclusa.
  • Per la capacità energetica, disponendo la barca di 600A di batterie al gel e due dedicate ai motori, è bastato costruire un rollbar in grado di sostenere 1700W di pannelli solari, con l’indubbio vantaggio di aver allungato il fly e quindi avere il tender (3,50 m con 20 hp) sempre all’ombra o una maggior ombra in pozzetto.

Si va in mare. I primi test

Il collaudo della barca è avvenuto in Grecia e poi nella traversata del Mediterraneo fino a Cartagena dove una bella perturbazione ha testato You & Me ed il suo equipaggio (a bordo erano in due).

Il mio background sui catamarani nasce 30 anni fa quando mio padre valutò la costruzione di un Prout Quasar di 50 piedi, catamarano inglese, molto diverso da quelli di oggi e di un Wharram (qui la bella storia di James Wharram), ancora più estremo.

Il catamarano Lagoon 42S You & Me nelle acque cristalline dei Caraibi

Quando avevo 16 anni navigai su uno dei primi Privilege Jeantot a cavallo degli anni ’90. Questi scafi erano robusti, un po’ lenti, ma caratterizzati da una scafetto centrale che rompeva le onde che passavano sotto la pancia ed evitavano gli ingavonamenti. Vennero poi navigazioni con i Catana a deriva mobile, i Fredys, gli Outremer. Oggi sono tutti modelli apprezzati.

Nonostante il diffondersi di questi multiscafi nel mercato del charter sono diversi i nomadi oceanici che hanno optato per il catamarano prediligendo lo spazio, l’abitabilità, il pozzetto protetto, il basso pescaggio ai vantaggi nautici del monoscafoMolti passano più tempo in rada che navigando. Nelle latitudine più estreme, se ne vedono pochissimi.

Torniamo al viaggio. L’armatore porta You & Me alla Canarie seguendo la costa marocchina, ma c’è poco vento e per 4 giorni si procede a motore, almeno schivando il pericolo delle Orche, che tre giorni prima avevano colpito tre barche danneggiando ad ognuna il timone.

Catamarano comodo – Gli altri lavori

Raggiungo l’armatore a Fuerteventura e da qui iniziano i lavori di controllo del rigging e ottimizzazione della barca.

Davide Zerbinati, fresco di controlli in sala macchina (trovato un morsetto allentato delle batterie probabilmente a causa delle vibrazioni).

Per prima cosa è stato comprato un gennaker pesante e grande con calza ATN ad alto scorrimento. La vela è stata studiata sulla larghezza della barca e sull’altezza dell’albero e della tuga. Nei multiscafi la vela colorata è fondamentale e alla barca piace che sia grande e portata con una bella pancia alta. Il Para Sailor sarebbe la vela ideale, ma la Lagoon riporta precisamente che le vele a paracadute non devono essere usate senza la randa.

A dire il vero un trucco c’è ed è quello di creare un paterazzo utilizzando la drizza randa e portandola sopravvento sulla bitta di poppa (opportunamente rinforzata). È bene ricordare che il catamarano non sbanda, non ha modo di scaricare l’energia dall’albero e quindi questo viene molto sollecitato. Chi vuole può prendersi il rischio o optare per alberi in carbonio più strutturati per queste vele. È un peccato perché il Para Sailor è una soluzione geniale con vento medio forte e pratica per chi non ha problemi di budget, anche se spesso vedo gli equipaggi sistemare i cordini delle alette di apertura sulle spiagge più sperdute.

Queste le modifiche fondamentali:

1. Per usare al meglio il gennaker

Per ottimizzare l’uso del gennaker è bene portare la mura sopravento. Abbiamo quindi cercato un punto dello scafo robusto e in estremità alle prue dove mettere un padeye (golfare). Gli scafi hanno uno spessore di 10 mm in quella zona e quindi più che sufficienti a reggere la mezza tonnellata di carico della mura. Abbiamo recuperato in loco dei padeye da circa 2500Kg di carico, anche se la confezione non riportava il carico esatto.

Da qui abbiamo messo un loop in dyneema e un paranco a quattro vie per portare la manovra sulla bitta, lì vicino senza toccare il pulpito. L’opzione era di portare la manovra al salpancora qualora fosse stato necessario cazzare di forza.

Per sicurezza abbiamo sempre lasciato anche la mura sul bompresso, in modo da avere un V rovesciata e aiutare a tenere il punto di mura bilanciato. La sua funzione era anche quella di sicurezza in caso avessimo dovuto lascare la scotta della mura. Solo in un caso lo abbiamo usato.

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Il punto di mura sopravento e la mura sul bompresso creano una V rovesciata

Allocare le cimette della calza è stato un altro problema. Inizialmente le abbiamo messe all’albero, ma poi per evitare problemi le abbiamo portate sottovento sulla sartia.

La manovra di issata e ammaino richiede fino a quattro persone, ma si può fare anche in due con un buon allenamento. La calza essendo sopravvento è abbastanza sollecitata dal vento e quindi per aprirla bene tenevamo la ghinda della vela per i primi metri, poi la vela si gonfiava alzando la calza ed aiutando il lavoro di chi aveva in mano le sue scottine.

Al volo si cazzava la scotta e via, si volava a 8 nodi e più. Il gennaker è stato usato per il 66% del viaggio, lo abbiamo tenuto anche per 48 ore di fila, ma nella seconda metà a causa dei temporali abbiamo preferito utilizzare le vele bianche o il Code Zero.

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La mura più cazzata sopravvento e una bella pancia alta, aiutano il catamarano ad uscire dalle onde.

Il gennaker con calza è più versatile di quello avvolgibilema per un equipaggio ridotto si potrebbe pensare anche ad un grande genoa avvolgibile o un reacher. Purtroppo non è previsto il tangone che sarebbe di grande aiuto con vento leggero.

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Il gennaker armato a 9/10 con la sua calza. Si noti la bandiera, siamo quasi in poppa piena.

2. Comunicazioni a bordo: cuffiette Bluetooth

Per comunicare con chi era alle manovre ed ai comandi usavamo le cuffiette in Bluetooth, utilissime perché il rumore dell’acqua a prua tra le reti e a poppa per le scie delle code rendeva difficile qualsiasi comunicazione. Le cuffiette cambiano la vita e ormai le usiamo sempre anche nelle manovre di ancoraggio. Un marinaio con le cuffiette è il massimo della sicurezza.

3. Drizze, scottame, rigging del catamarano comodo

Le drizze principali sono state cambiate passando dal poliestere al dyneema con la doppia calza in testa sia per il 2 a 1 della drizza randa e sia per il 2:1 del Code. Sulle scotte del gennaker sono state aggiunte delle calze di protezione perché i punti di scotta sono stati portati sulle bitte di poppa.

Catamarano Comodo - 1
Al lavoro con le calze in Dyneema per rinforzare i punti di usura.

Qui con un loop sono stati fissati i bozzelli. Prima di partire e dopo l’arrivo il rigging è stato accuratamente controllato e nonostante la randa non possa appoggiarsi sull’albero o sulle sartie. Le crocette sono state rivestite con materiale morbido. Alla fine questa protezione è servita più al gennaker. Infatti quando la barca rallentava nel cavo dell’onda, il gennaker con poco vento, si afflosciava e la balumina riusciva a raggiungere le crocette.

4. Come ti sistemo il fiocco autovirante

La barca è munita di un fiocco autovirante, inutile alle portanti, per cui è stato creato un punto di scotta poppiero utilizzando il padeye del code zero ed un barber sulla bitta centrale. Questa configurazione ha stabilizzato la vela, ridotto le sollecitazioni all’albero e ottimizzato la velocità.

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Il fiocco con il punto di scotta a poppavia, il barber. La gassa è stata fatta molto lunga in modo da agire anche senza salire sulla tuga. La cima rossa in primo piano è la ritenuta del boma.

5. La ritenuta randa

Ritenuta alla randa. Per evitare grandi sollecitazioni al rigging è stata messa una ritenuta al boma. Questo ha richiesto qualche peripezia perché la tuga è larga e non ci sono appigli comodi da raggiungere. Non può essere portata a prua come su un monoscafo. Alla fine è venuto buono il padeye del code zero.

6. La protezione dei punti d’usura

Tutti i punti di usura sono stati protetti con il nastro al teflon della Protect Tape, rigging e uscita pulegge incluso. Utilissimo. Tutti i grilli sono stati muniti di fascetta di sicurezza, tranne uno e quale si è mollato? Proprio quello, per fortuna ammainando il fiocco per un controllo delle cuciture della balumina. In navigazione, salire sull’albero per recuperare il cursore della canalina, sarebbe stato più avventuroso.

7. Sicurezza

Per quanto riguarda la sicurezza la barca è stata attrezzata di tappi per le prese a mare, allarmi di sentina e un dissipatore per ridurre il rischio di essere colpiti dai fulmini. Statisticamente i catamarani sono più soggetti ad essere presi. Abbiamo montato anche le classiche lifeline in coperta, ma non sono servite molto. L’unico punto dove si perde un po’ di equilibrio è sulle reti a prua. Il fatto che siano elastiche crea una perdita di stabilità e non sempre il corpo umano riesce a gestire con immediatezza e si può goffamente cadere.

Gli esperimenti in navigazione in Atlantico

Durante la navigazione abbiamo fatto anche qualche esperimento, come portare il gennaker come uno spi simmetrico, usando le due scotte contemporaneamente e due paranchi per murarli a prua.

Con vento medio funziona meglio che con poco vento, ma servirebbero due tangoni per aiutarci. Un’altra soluzione interessante è quella di mettere un bompresso più lungo (in carbonio) e controventarlo con del dyneema per non rifare i cavi di acciaio.

Come naviga il “Catamarano comodo”

Ma alla fine come navigano questi catamarani e come si comportano in Oceano? Il Lagoon 42 con i suoi 12.000 Kg è risultato veloce, più veloce di altri catamarani a parità di condizioni. Abbiamo avuto condizioni ideali con vento da 10 a 30 nodi di reale, in media sui 13-18 nodi. Tremila miglia percorse in 18 giorni da Fuerteventura alla media di 6,9 nodi e poco motore, 6 ore a metà traversata e altre all’inizio mentre eravamo tra le isole Canarie.

La barca predilige avere le onde di poppa e abbiamo notato che naviga meglio con un vento apparente a 163° piuttosto che a 150° dove l’onda sbatte sotto la navicella e crea dei grossi rumori, costringendo il timone a lavorare di più.

La presa dei terzaroli ha richiesto di andare al vento. Cosa non semplice quando il mare ingrossa, per fortuna i due motori consentono la rotazione della barca, ma è pur sempre un’operazione delicata. Drizzare la randa per togliere la mano è stato fattibile anche tenendo la rotta.

Abbiamo consumato 2000 litri di acqua e fatto 7 lavatrici, non abbiamo sofferto il freddocosa tipica dei primi giorni di navigazione, ma abbiamo apprezzato la chiusura del pozzetto e lo spazio living della barca.

Abbiamo dovuto montare i fermapentole e diciamo che una cucina basculante non sarebbe guastata. A bordo eravamo in sei, organizzati in turni da due ore di giorno e da due di notte con una persona “jolly”. Ogni mattinata c’era un turno doppio da quattro ore e così c’era una minima rotazione.

Per spezzare la monotonia del viaggio, ogni 500 miglia circa sono stati organizzati apericena, feste in maschera, corsi di formazione, corsi di lingua, interviste, suonate di chitarra e momenti di socialità pura accompagnati dai delfini e da un bello zifio che ci ha seguito all’arrivo in rada a Le Marin.

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Arrivati ai Caraibi, a bordo Denis Pietropoli, Davide Zerbinati, Fabrizio Polinori, Marta Magnano, Cristiano Frau, Michele Agosta.

Ora You & Me scorrazza sottovento alle isole dei Caraibi, in attesa di nuove avventure.

Davide Zerbinati*

Articolo pubblicato e redatto. da Davide Zerbinati e pubblicato sul sito Giornale della Vela

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