La parola osmosi rappresenta un processo chimico ben definito, ed è stata “introdotta” nel settore nautico intorno al 1980, come il “cancro” delle barche in vetroresina. La vetroresina, il materiale indicato come eterno da molte ditte produttrici di barche, presentava dopo qualche tempo che la barca era in acqua, un difetto mai visto prima e quindi praticamente sconosciuto: una formazione di bolle di diversa grandezza che andava a pregiudicare la solidità della barca, intaccando la compattezza del laminato.
Da allora ad oggi sono stati fatti molti progressi nella lavorazione sia per prevenire questa formazione sia nel recupero di barche affette da osmosi che però rimane un fenomeno diffuso, comune, costoso da eliminare, con ancora molta confusione ed imprecisione sulle cause e sui rimedi.
DEFINIZIONE SCIENTIFICA DI OSMOSI
In fisica e chimica, l’osmosi è il processo di assorbimento da parte di una soluzione salina più densa, di un’altra soluzione dello stesso tipo meno densa, divise da una membrana semipermeabile, per una naturale ricerca di equilibrio.
Difatti, se in un contenitore si piazza una membrana semipermeabile (pelle, per esempio) in posizione verticale nel centro dello stesso, in modo da formare una parete, e quindi si immette una soluzione salina a densità elevata da una parte e dall’altra parte dell’ acqua distillata, si osserverà dopo un po’ di tempo che la parte contenente sale avrà “risucchiato” buona parte dell’acqua distillata, formando una depressione sulla membrana, a scapito della soluzione meno densa.
Per questa azione chimico-fisica, la superficie esterna della vetroresina si comporta come la membrana semi permeabile gonfiandosi formando le varie bolle. All’ interno delle bolle si forma poi dell’acido acetico originato dai residui dell’acetone usato come solvente nella vetroresina.
È ovvio che questa formazione di bolle, rappresenta un distacco della pelle superficiale con conseguente esposizione della struttura interna del laminato di vetroresina all’ acqua di mare ed al suo effetto deteriorante.
PROCESSI DI LAVORAZIONE E DEFINIZIONI DEI MATERIALI DI COSTRUZIONE
Innanzitutto bisogna conoscere come avviene la costruzione degli scafi in vetroresina, un processo semplice, ma estremamente delicato, per poter valutare la bontà della costruzione ed eventualmente risalire a mancanze gravi, che possono accelerare il manifestarsi dell’osmosi.
Gelcoat
Quando si costruisce una barca di serie (Beneteau, Bavaria, Jeanneau, etc etc) la prima fase è la lucidatura e ceratura delle superfici dello stampo, che dovrà essere effettuata a regola d’arte, eliminando graffi o imperfezioni dello stesso che verrebbero altresì riportate in negativo sul nostro scafo. E’ importante in questa fase garantire la massima pulizia della zona ove si effettua la lavorazione in particolare quella più interna allo stampo.
Una volta preparato lo stampo gli operatori stenderanno spruzzo il gelcoat, ovverosia la finitura estetica dell’imbarcazione, ma ben più importante, la barriera protettiva che isolerà con effetto impermeabile, nel tempo il laminato della struttura dall’ambiente in cui lavorerà, cioè l’acqua di mare. Questa fase delicatissima, è quasi sempre eseguita dal più esperto operatore (ma a volte è uno sfortunato e inesperto extracomunitario), in quanto è richiesta una notevole capacità nello stendere questo velo, cercando di creare uno spessore medio tra i 4 e 6 decimi di mm applicando dai 400 ai 600 g/metro quadro di prodotto. Se lo spessore è troppo basso il gelcoat non può polimerizzare completamente e si può intravedere il disegno delle fibre di vetro dello stratificato. Al contrario, se lo spessore è troppo elevato, il gelcoat risulterà più sensibile agli urti con una tendenza a screpolarsi facilitando l’ingresso dell’acqua mare.
Anche discontinuità di spessore e mancanza di rispetto dei tempi di catalisi possono provocare, unite a sollecitazioni meccaniche, screpolature e formazione di “ragnatele”, che in seguito saranno facili vie di penetrazione dell’acqua nel laminato.
Appena il gelcoat è sufficientemente indurito per resistere all’attacco del solvente della resina di stratificazione, si potrà iniziare la laminazione dei vari strati di fibra di vetro (pelle) secondo le specifiche del progettista. È molto importante accertarsi che il primo strato sia perfettamente impregnato di resina poiché ogni bolla d’aria a contatto col gelcoat, sotto l’azione riscaldante del sole (soprattutto su scafi di colore scuro), può provocare dei successivi rigonfiamenti e rottura del gelcoat.
La resina
La resina è la materia prima con cui vengono costruiti gli scafi di vetroresina, poiché serve ad impregnare i tessuti e legarli tra di loro. In commercio esistono diverse resine: quella poliestere per il suo basso prezzo e facilità di lavorazione è la più utilizzata. Si divide in ortoftalica e isoftalica. Come tutte le resine, il poliestere è a due componenti liquidi; quando vengono mischiati tra loro con l’aggiunta di un catalizzatore, i due componenti iniziano il processo ad indurirsi formando un composto unico (tecnicamente questa fase è detta polimerizzazione). La percentuale di catalizzatore, la temperatura ambiente e l’umidità dell’aria hanno un’influenza importantissima sul processo e sul tempo di polimerizzazione. Durante questa lavorazione l’operatore deve accuratamente impregnare senza bolle di aria gli strati di fibra applicati. Particolare cura deve essere seguita per il magazzinaggio e la lavorazione in quanto la temperatura di lavoro deve essere compresa tra 15 e 25 °C e l’umidità ambientale relativa non deve superare il 55%. Questo spiega perché alcuni cantieri per garantire un buon lavoro, effettuano questa operazione in capannoni climatizzati ad umidità controllata, proprio per evitare di inglobare umidità = acqua nello scafo.
Superiore alla resina poliestere è la resina vinilestere che ha una struttura non molto dissimile da quella del poliestere, ma è più costosa e fornisce migliori caratteristiche adesive e meccaniche. È caratterizzata da un allungamento alla rottura del 6-3% e pertanto è particolarmente adatta per gelcoat e per strati di copertura, grande stabilità chimica agli idrocarburi e agenti organici contenenti ossigeno. Il suo effetto di protezione esterna è molto alto.
Superiore sia alla resina poliestere che vinilestere è la resina epossidica che però non viene utilizzata da molti cantieri per la produzione di serie per il suo costo elevato unito a maggiori difficoltà. nella lavorabilità. La proprietà principale della resina epossidica è il suo potere adesivo, che implica impermeabilità massima, anche se non assoluta e possibilità di utilizzare fibre di vetro unidirezionali. Utilizzando la resina epossidica nella costruzione di uno scafo, si può ottenere un risparmio di peso del 30% circa e questo spiega la sua maggiore diffusione negli scafi da competizione. Il gelcoat e la resina epossidica non sono compatibili, e quindi si può considerare l’epossidica come un gelcoat a sé stante, ma è bene ricordare e sottolineare che tutte le resina, anche quelle epossidiche, tendono ad assorbire acqua, seppur più lentamente di un poliestere. Inoltre la velocità di assorbimento dipende dalla qualità del laminato e se quindi lavorato mano, sottovuoto, in infusione.
Fibre di vetro
Le fibre di vetro rappresentano la struttura meccanica delle barche, mentre la resina è il loro elemento legante. Di regola in un manufatto, il 40% è rappresentato da fibra ed il restante da resina. Per la normale produzione di serie il materiale utilizzato per le fibre è il vetro “E” con buone caratteristiche di rigidezza e resistenza, tessuto in forme e grammature di grande varietà. Esistono anche qualità di vetro, come il tipo “R” o “S”, che hanno migliori caratteristiche meccaniche o fibre di kevlar e sui derivati o carbonio.
Queste fibre di vetro se disposte in maniera continua ed ordinata formano le stuoie, mentre se spezzettate e disposte in maniera disordinata formano il cosiddetto “mat” o tessuto non tessuto.
Resina più stuoie più mat danno origine allo spessore di vetroresina che forma lo scafo, e dove le stuoie formano la parte di struttura e resistenza meccanica mentre il mat viene interposto tra una stuoia è l’altra per evitare bolle d’aria tra le varie stuoie impregnandosi molto facilmente di resina
Il mat è prodotto con grammatura da 250 gr/mq o 450 gr/mq nella maggior parte dei casi e talvolta può essere già accoppiato solo da un lato alla stuoia per velocizzare la costruzione. Per esempio la dicitura commerciale “fibermat 950 gr/mq”, significa 500 gr/mq di stuoia accoppiata con 450 gr/mq di mat. grammatura. La finitura ed il lato da accoppiare sono più lisci, permettendo un’adesione migliore e una miglior ripartizione di sforzi meccanici. Non interponendo il mat, tra le stuoie si ha scarsa adesione e presenza di aria, una ulteriore via d’acqua. I primi strati sul gelcoat sono sempre di mat, per evitare che la fibra si possa vedere all’esterno. Ovviamente gli starti di mat, di stuoia, la loro grammatura e i tipi da usare variano da punto a punto dell’ imbarcazione e sono indicati dal progettista.
Sandwich
Il sandwich rappresenta un sistema di costruzione che prevede l’utilizzo di due pelli, la pelle superiore e la pelle inferiore, con interposta un’anima o “core”, ovvero un materiale riempitivo di solito con bassissimo peso, ma con interessanti qualità meccaniche. I vantaggi di questa costruzione sono legati alla robustezza ed alla velocità di costruzione, tuttavia essendo gli spessori delle pelli minimi, la maggior parte dei progettisti e costruttori prevede l’adozione del sandwich solo per le murate e per la coperta. Non è raro però trovare barche da competizione con sandwich sul fondo di carena; in questo caso, l’osmosi può intaccare facilmente la pelle esterna, oltrepassarla ed intaccare l’anima, favorendo processi di delaminazione. Questo è il motivo per cui molte barche utilizzate solo per regate scendono in acqua solo per la gara e vengono tirate in secca subito do
Tabella di stratificazione di una parte di fondo di uno scafo. La tabelle da uno spessore indicativo secondo al Regolamento di costruzione di scafi da diporto del Rina
CANTIERE | XXXXXXX | p= | Grammatura fibre (rinforzo) | ||||||
IMBARCAZIONE | 40 | r/p= | Rapporto Peso resina/ Peso rinforzo | ||||||
PARTICOLARE N° | gc= | Contenuto di vetro minimo | |||||||
TITOLO | STRATIFICAZIONE ZONA B (FONDO) | ti= | Spessore in mm | ||||||
rresina= | Peso resina | ||||||||
TABELLA DI LAMINAZIONE RINFORZO | |||||||||
STRATO | MATERIALE | prinforzo | r/p | gc | q | rresina | ti | Peso totale rinforzo | |
n° | |||||||||
[gr/m2] | [/] | [/] | [gr/m2] | [gr/m2] | [mm] | [gr/m2] | |||
1 | Gel coat NPG | 1200 | 0,000 | 1,000 | 1200 | 0 | 0,80 | 1200 | |
2 | Mat 300 | 300 | 2,333 | 0,300 | 1000 | 700 | 0,71 | 1000 | |
3 | Mat 300 | 300 | 2,333 | 0,300 | 1000 | 700 | 0,71 | 1000 | |
4 | FiberMat 450/500 | 950 | 1,899 | 0,345 | 2754 | 1804 | 1,90 | 2754 | |
5 | FiberMat 450/500 | 950 | 1,899 | 0,345 | 2754 | 1804 | 1,90 | 2754 | |
6 | Mat 450 | 450 | 2,333 | 0,300 | 1500 | 1050 | 1,07 | 1500 | |
P | R/P | Gc | Q | R resina | Ti | ||||
[gr/m2] | [/] | [/] | [gr/m2] | [gr/m2] | [mm] | [gr/m2] | |||
TOTALE STRATIFICATO | 2950 | 2,053 | 0,328 | 9007 | 6057 | 7 | 10207 |
QUALI CAUSE E COME SI PRODUCE L’OSMOSI NELLE BARCHE
L’osmosi è un processo naturale che si manifesta nel tempo. Né consegue che nessuna barca ne è immune. I tempi per determinare quando si verificherà non sono determinabili a priori, ma è possibile monitorare l’umidità dello scafo con appositi strumenti per verificarne la prima presenza.
Tra le cause più comuni possiamo individuare:
Cattiva manutenzione alla carena
Una barca deve essere alata stagionalmente sia per fare carena e che per far “asciugare” la stessa. Più la barca è datata più il periodo di “essiccazione” deve essere prolungato. Con questa semplice regola si mantiene lo scafo con il gelcoat originale anche oltre 20 anni.
Quando si accumulano più strati di antivegetativa, è prassi eliminare le mani di antivegetativa portando a zero la carena portate a zero. Operatori con poco zelo spesso asportano o riducono contemporaneamente il gelcoat ed in alcuni casi portano a vista la lana di vetro. Le carene in questo caso devono essere protette con resine epossidica, e quindi trattate con primer per antivegetativa e antivegetativa . Il solo trattamento con primer non garantisce una protezione efficace contro l’ osmosi.
Invecchiamento naturale del gelcoat
Negli anni il gelcoat tende a perdere la sua impermeabilità sfarinandosi e diventando poroso,. Urti e abrasioni posono aprire delle fratture o microcrepe tali da mettere in contatto il laminato con l’acqua.
Difetti di origine
Sono considerati difetti in origine che favoriscono la formazione di vie d’accesso all’acqua punti dello scafo con parti con resina non catalizzata o con impurità nella stessa derivanti dalla costruzione (sporco), parti di resina con sostanze solubili in acqua e la presenza di micro e macro porosità sia nel gelcoat che nel tessuto vetroso dovute all’intrappolamento di aria in fase di costruzione dello scafo.
Uno degli errori più frequenti è la sporcizia vicino alla zona limitrofa allo scafo, in quanto gli operatori che devono entrare ed uscire nello stampo per posizionare le varie pelli finiscono per avere sotto le suole impurità che vengono inglobate nella stratificazione. Se ciò accade nella posa delle prime pelli, questi corpi estranei, quando il processo di indurimento sarà terminato, tenderanno a creare delle sacche di discontinuità nello stratificato che nel tempo saranno “testa di ponte” delle infiltrazioni nel laminato.
Inoltre la mancanza di resina nel tessuto vetroso o scarsa impregnazione dello stesso (stuoia magra) è fonte di osmosi: in questo caso il tessuto permette all’acqua di crearsi una via d’accesso verso l’interno dello scafo. La resina non solidificata a causa di erronee miscelazioni crea zone povere di resina dura e quindi zone penetrabili dall’ acqua.
La temperatura
Una temperatura dell’acqua elevata accelera il processo di osmosi, in quanto i micropori contenuti nel gelcoat, con l’innalzamento della temperatura, si allargano, consentendo un’entrata di liquido maggiore.
La salinità
In ambienti con salinità ridotta, o in acque dolci, il processo avviene ugualmente ed in alcuni casi anche con una velocità maggiore
Gli agenti meccanici
Per agenti meccanici/chimici si intendono sia sfregamenti accidentali della carena, con relativa asportazione dello strato di gelcoat, oppure di molluschi, come per esempio i denti di cane, i quali, per potersi aggrappare alla chiglia, secernono delle sostanze chimiche in grado di attaccare il gelcoat, rendendolo farinoso nel punto di contatto.
COME SI PRODUCE E SI MANIFESTA L’OSMOSI
In seguito a permanenza più o meno lunga in acqua, nel caso la stratificazione in fase di costruzione non abbia avuto una completa catalisi, avremo un fenomeno prima di assorbimento da parte del laminato di acqua, essendo il gelcoat non perfettamente impermeabile, ed in seguito uno scioglimento delle parti di resina non completamente catalizzate.
Va da se che si formerà all’ interno dei vari strati di resina un liquido ad alta densità, il quale, sempre per il fenomeno dell’ osmosi, tenderà ad attrarre altro liquido (acqua) dalla parte esterna.
Non potendo esservi compensazione, poiché il fenomeno di osmosi è unilaterale, si avranno le conosciute formazioni di bolle di osmosi nell’opera viva.
Lo scioglimento delle resine in acqua, provoca la formazione di acido acetico (derivato dall’ acetone che è stato usato come solvente nella preparazione della resina che si combina con l’ acqua) che a sua volta, attacca le altre parti di resina, anche se completamente catalizzate.
Il problema dell’osmosi rende le parti attaccate senza coesione, in quanto attaccando la sola resina lascia intatto il vetro della stratificazione che perde quindi il suo collante.
L’osmosi non è solo causata dall’acqua all’esterno dello scafo, ma anche quella presente all’interno delle sentine che può provocare lo stesso fenomeno. Occorre quindi tenere il più asciutta possibile asciutta la zona di sentina ed assicurarsi che questa zona sia stata efficacemente ricoperta con vernice epossidiche per avere uno strato il più impermeabile possibile.Davide Zerbinati
Articolo pubblicato e redatto. da Davide Zerbinati e pubblicato sul sito Nautitestmagazine